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18/05/2009
Roma, 15 mag. (Adnkronos Salute) - Salute a rischio per i veterinari, alle prese con i malanni degli animali domestici e da cortile. Secondo uno studio dell'University of Iowa College of Public Health, questi specialisti hanno elevate probabilità di contrarre infezioni dovute a patogeni di origine animale, per colpa di virus e batteri che possono trasmettersi agli uomini da cani, gatti, maiali e affini. Non ci sono prove che i veterinari abbiano avuto un ruolo diretto nell'epidemia di nuova influenza A, precisano i ricercatori sul 'Journal of the American Veterinary Association'. Ma questi operatori possono fungere inconsapevolmente da 'popolazione ponte', diffondendo i microrganismi patogeni degli animali ai loro familiari e alle comunità. Il team di Whitney Baker e dell'epidemiologo Gregory Gray ha esaminato il legame tra veterinari, virus e batteri di origine animale, analizzando la letteratura medica dal 1966 al 2007. Così i ricercatori hanno scoperto 66 articoli da cui emerge questo legame. \"Il nostro studio inoltre rivela che il rischio di zoonosi per i veterinari è spesso più elevato che per altri gruppi di lavoratori esposti a prolungato contatto con animali, come gli allevatori e quanti lavorano nelle fattorie - spiega Baker - Un dato importante, dal momento che i veterinari sono formati su come proteggere se stessi dalle zoonosi\". L'indagine rivela dunque che i 'dottori degli animali' hanno un più alto rischio di essere infettati da vari patogeni, dall'influenza suina a quella aviaria, all'epatite E suina, alla brucellosi, alla Chlamydia psittaci felina. Andando a indagare sulle possibili fonti di infezione, i ricercatori hanno scoperto che i veterinari dimenticano spesso di usare protezioni come guanti e mascherine respiratorie, mentre visitano i loro pazienti. Parlando poi con questi specialisti, gli autori hanno appreso che gli indumenti protettivi vengono a volte trascurati perché scomodi, costosi, o perché si ritiene che il pericolo di una infezione da animali sia basso. Certo lo studio, riflettono i ricercatori, può non rappresentare tutte le realtà mondiali, anche se la ricerca è internazionale. Ma in ogni caso occorre \"ripensare alle misure per proteggere i veterinari qui e all'estero dai patogeni di origine animale\", concludono.